• STRADA ALLAGATA: CHI RISARCISCE I DANNI ALLE AUTO?

    Posted on febbraio 8, 2014 by in Diritto Civile, Risarcimento danni, Sinistri auto

     Il tema è di grande attualità: infatti è sempre più di frequente, a seguito di importanti eventi climatici mal gestiti da parte degli organi preposti a tale scopo, l’eventualità di ingenti danni alle cose ed, in particolare, alle autovetture che finiscono sott’acqua. Infatti, la trascuratezza delle  amministrazioni comunali alla manutenzione delle strade e dei dispositivi di deflusso delle acque piovane, ha fatto sì che negli ultimi anni si sia assistito ad innalzamenti anche di alcuni metri del livello dell’acqua su alluni tratti stradali e vedere numerose automobili sommerse dall’acqua o dal fango che, nella migliore delle ipotesi, hanno riportato danni quantificabili per migliaia di euro.

    Il problema che si pone in questi casi è quello di stabilire chi sia il soggetto, pubblico o privato, responsabile e, quindi, a chi spetti risarcire il danno. Intanto occorre sgombrare il campo da una prima ipotesi: l’assicurazione dell’auto non paga, escluso il caso di una copertura di polizza specifica per eventi catastrofici (in pratica mai compresa nei normali contratti RCA).

    Rivolgiamo allora la nostra attenzione alla possibilità di individuare una responsabilità delle amministrazioni comunali e provinciali, ed in genere agli enti proprietari e/o custodi delle strade, e valutare quali sono i caratteri tipici dai quali dedurre un diritto, da parte dell’utente della strada, ad esser risarcito per i danni subiti al proprio automezzo.

    In effetti, esclusa la ipotesi del caso fortuito (cioè un evento tanto inatteso, improvviso e fuori misura, contro il quale non sarebbe stato sufficiente adottare una normale prevenzione per evitare danni a cose e persone), è molto comune la possibilità che una concausa determinante l’evento allagamento strada/danno alle auto, oltre alla abbondante pioggia od alla esondazione di un torrente, stia proprio nella mala gestio della amministrazione, per omessa manutenzione, gestione e pulizia delle strade e/o dei canali di deflusso delle acque reflue e dei fiumi, delle loro pertinenze e delle attrezzature, impianti e servizi necessari a garantire una normale efficienza delle strade ed un utilizzo in condizioni di sicurezza per l’utente normale, nella mancanza di segnalazione sul pericolo di allagamento, od anche sulla semplice omessa vigilanza sulle imprese alle quali l’ente, come generalmente avviene, aveva affidato in gestione la manutenzione del tratto stradale in questione o, ad esempio, dei canali di bonifica o del fiume. 

    IN SOSTANZA se per il proprietario dell’auto finita sott’acqua è possibile individuare oggettivamente un elemento determinante dell’allagamento del tratto stradale nella mancanza strutturale o nel cattivo funzionamento di un normale sistema di smaltimento delle acque reflue ovvero della condizione di abbandono e non sicurezza dei canali/fiumi dai quali è originata la inondazione, allora chi deve risarcire il danno è l’ente proprietario della strada o del sistema idrico canalare/fluviale.

    Ed allora l’intasamento cronico da foglie e sporcizia dei chiusini, la mancanza del collegamento della strada al sistema fognario, la mancata pulizia dei canali di bonifica, l’inadeguatezza degli argini del fiume a contenere un normale innalzamento del livello dell’acqua, come anche la semplice mancanza sul posto di una segnaletica che metta in guardia sul pericolo di allagamento del tratto (magari posto in un’area di particolare depressione del terreno) costituiscono elementi che, qualora dimostrati ad un Giudice mediante fotografie, testimoni, perizie o qualsiasi mezzo istruttorio consentito nel nostro sistema processuale, apre la via ad una sentenza di condanna dell’ente al risarcimento del danno subito dall’utente della strada.

    Nel caso sia stato dichiarato lo stato di calamità naturale, il risarcimento arriverà, parzialmente, dallo Stato.

    APPROFONDIMENTI DI GIURISPRUDENZA SUL TEMA 

    TRIBUNALE

    Emblematiche in tal senso, risultano essere due recentissime pronunce di merito che attribuiscono la responsabilità all’ente proprietario della strada per i danni subiti alle autovetture a seguito di allagamento della strada stessa, tramite l’applicazione dell’art. 2051 c.c.

    La prima di tali pronunce è quella del Giudice di Pace di Lecce, che ha affermato: “il Comune è responsabile per l’auto invasa dall’acqua e deve risarcire i conseguenti danni imputabili alle carenze strutturali dell’asse viario: si configura infatti la responsabilità da custodia in capo all’amministrazione, che non riesce a dare la prova del caso fortuito” (G.d.P. Lecce, sent. n. 95/2014).

    La seconda sentenza che si segnala è quella del Tribunale di Bassano del Grappa che, con sentenza del 29 giugno 2011, ha riconosciuto un risarcimento di 6 mila euro in favore di un automobilista che, alla guida della propria automobile, aveva proseguito la marcia lungo la strada statale n. 47 Valsugana, vista l’assenza di segnaletica relativa alla possibilità di allagamenti, finché la sua vettura si arrestava senza più ripartire, a causa dell’abbondante acqua entrata nel motore.

    Le sentenze citate sono solo due tra le tante pronunce (tra le quali si segnala anche quella della Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, del 06.07.2012) che hanno tutte riconosciuto, sul tema in generale della responsabilità degli enti proprietari della strada, una responsabilità ex art. 2051 c.c., tramite l’estensione del c.d. rischio da custodia, secondo l’antico brocardo latino “cuius commoda eius incommoda”, già pacificamente operante per il custode dei beni privati, ed esteso quindi anche ai beni del demanio pubblico.

    Con riguardo alla responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, risulta necessario precisare che l’art. 2051 c.c., prescindendo dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode, ha natura oggettiva e necessita, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, che deve, però, avere un’efficacia causale tale da interrompere però del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ultroneo contributo utile nella produzione del danno.

    Le pronunce di merito sopra riportate, in realtà, altro non fanno che uniformarsi a quello che sino ad ora risulta essere il pressoché costante orientamento della Corte di Cassazione in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c.

    I Giudici di Piazza Cavour, infatti, con la sentenza n. 9527 del 22.04.2010, avevano attribuito in capo agli enti proprietari delle strade, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs 30 aprile 1992, una serie di obblighi tra i quali rientravano “a) la manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) il controllo tecnico dell’efficienza delle strade e delle relative pertinenze (..)”. Specificando, inoltre, che “trattasi di obblighi derivanti dal mero fatto di essere proprietari, i quali possono concorrere con ulteriori obblighi (..) del medesimo ente o di altri, derivanti da altre normative e, in particolare, dalla disciplina dettata dall’art. 2051 c.c.” (in tal senso, v. anche Cass. n. 11517 del 14 maggio 2013 e Cass. n. 22671 del 21.11.2011).

    Pertanto, la responsabilità del danno dovrà essere addebitata all’ente ogni qualvolta, pur essendo proprietario della strada, non ha assolto agli obblighi di controllo tecnico di efficienza della strada, ossia quelli di assicurare un corretto deflusso delle acque meteoriche in caso di pioggia abbondante.

    Infine, si deve segnalare, in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. e di onere della prova, anche il recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione ha confermato che “La responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i tersi dal contatto con la cosa stessa; detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione potenzialmente lesiva della cosa, mentre resta a carico del custode la prova contraria del caso fortuito”(Cass. 1 aprile 2010, n. 8005, v. anche Cass n. 4495/2011; in generale sul rapporto tra responsabilità ex art. 2051 c.c. e dimostrazione del fortuito v. anche Cass. n. 15389/2011 e n. 7699/2011).

    Quindi, l’attore, agendo per il risarcimento dei danni ex art. 2051 c.c., dovrà provare il danno, l’esistenza di una relazione causale/eziologia tra la cosa in custodia e l’evento dannoso lamentato ed il potere fisico effettivo sulla cosa in custodia da parte del custode, senza necessità di provare altresì la condotta – commissiva od omissiva – del custode produttrice del danno, salvo a quest’ultimo l’onere della prova del caso fortuito (cfr. tra le tante: Cass. 4.12.95 n. 12500, Cass. n. 2861/95, Cass. n. 1332/94).

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     Il tema è di grande attualità: infatti è sempre più di frequente, a seguito di importanti eventi climatici mal gestiti da parte degli organi preposti a tale scopo, l’eventualità di ingenti danni alle cose ed, in particolare, alle autovetture che finiscono sott’acqua. Infatti, la trascuratezza delle  amministrazioni comunali alla manutenzione delle strade e dei dispositivi di deflusso delle acque piovane, ha fatto sì che negli ultimi anni si sia assistito ad innalzamenti anche di alcuni metri del livello dell’acqua su alluni tratti stradali e vedere numerose automobili sommerse dall’acqua o dal fango che, nella migliore delle ipotesi, hanno riportato danni quantificabili per migliaia di euro.

    Il problema che si pone in questi casi è quello di stabilire chi sia il soggetto, pubblico o privato, responsabile e, quindi, a chi spetti risarcire il danno. Intanto occorre sgombrare il campo da una prima ipotesi: l’assicurazione dell’auto non paga, escluso il caso di una copertura di polizza specifica per eventi catastrofici (in pratica mai compresa nei normali contratti RCA).

    Rivolgiamo allora la nostra attenzione alla possibilità di individuare una responsabilità delle amministrazioni comunali e provinciali, ed in genere agli enti proprietari e/o custodi delle strade, e valutare quali sono i caratteri tipici dai quali dedurre un diritto, da parte dell’utente della strada, ad esser risarcito per i danni subiti al proprio automezzo.

    In effetti, esclusa la ipotesi del caso fortuito (cioè un evento tanto inatteso, improvviso e fuori misura, contro il quale non sarebbe stato sufficiente adottare una normale prevenzione per evitare danni a cose e persone), è molto comune la possibilità che una concausa determinante l’evento allagamento strada/danno alle auto, oltre alla abbondante pioggia od alla esondazione di un torrente, stia proprio nella mala gestio della amministrazione, per omessa manutenzione, gestione e pulizia delle strade e/o dei canali di deflusso delle acque reflue e dei fiumi, delle loro pertinenze e delle attrezzature, impianti e servizi necessari a garantire una normale efficienza delle strade ed un utilizzo in condizioni di sicurezza per l’utente normale, nella mancanza di segnalazione sul pericolo di allagamento, od anche sulla semplice omessa vigilanza sulle imprese alle quali l’ente, come generalmente avviene, aveva affidato in gestione la manutenzione del tratto stradale in questione o, ad esempio, dei canali di bonifica o del fiume. 

    IN SOSTANZA se per il proprietario dell’auto finita sott’acqua è possibile individuare oggettivamente un elemento determinante dell’allagamento del tratto stradale nella mancanza strutturale o nel cattivo funzionamento di un normale sistema di smaltimento delle acque reflue ovvero della condizione di abbandono e non sicurezza dei canali/fiumi dai quali è originata la inondazione, allora chi deve risarcire il danno è l’ente proprietario della strada o del sistema idrico canalare/fluviale.

    Ed allora l’intasamento cronico da foglie e sporcizia dei chiusini, la mancanza del collegamento della strada al sistema fognario, la mancata pulizia dei canali di bonifica, l’inadeguatezza degli argini del fiume a contenere un normale innalzamento del livello dell’acqua, come anche la semplice mancanza sul posto di una segnaletica che metta in guardia sul pericolo di allagamento del tratto (magari posto in un’area di particolare depressione del terreno) costituiscono elementi che, qualora dimostrati ad un Giudice mediante fotografie, testimoni, perizie o qualsiasi mezzo istruttorio consentito nel nostro sistema processuale, apre la via ad una sentenza di condanna dell’ente al risarcimento del danno subito dall’utente della strada.

    APPROFONDIMENTI DI GIURISPRUDENZA SUL TEMA 

    Emblematiche in tal senso, risultano essere due recentissime pronunce di merito che attribuiscono la responsabilità all’ente proprietario della strada per i danni subiti alle autovetture a seguito di allagamento della strada stessa, tramite l’applicazione dell’art. 2051 c.c.

    La prima di tali pronunce è quella del Giudice di Pace di Lecce, che ha affermato: “il Comune è responsabile per l’auto invasa dall’acqua e deve risarcire i conseguenti danni imputabili alle carenze strutturali dell’asse viario: si configura infatti la responsabilità da custodia in capo all’amministrazione, che non riesce a dare la prova del caso fortuito” (G.d.P. Lecce, sent. n. 95/2014).

    La seconda sentenza che si segnala è quella del Tribunale di Bassano del Grappa che, con sentenza del 29 giugno 2011, ha riconosciuto un risarcimento di 6 mila euro in favore di un automobilista che, alla guida della propria automobile, aveva proseguito la marcia lungo la strada statale n. 47 Valsugana, vista l’assenza di segnaletica relativa alla possibilità di allagamenti, finché la sua vettura si arrestava senza più ripartire, a causa dell’abbondante acqua entrata nel motore.

    Le sentenze citate sono solo due tra le tante pronunce (tra le quali si segnala anche quella della Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, del 06.07.2012) che hanno tutte riconosciuto, sul tema in generale della responsabilità degli enti proprietari della strada, una responsabilità ex art. 2051 c.c., tramite l’estensione del c.d. rischio da custodia, secondo l’antico brocardo latino “cuius commoda eius incommoda”, già pacificamente operante per il custode dei beni privati, ed esteso quindi anche ai beni del demanio pubblico.

    Con riguardo alla responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, risulta necessario precisare che l’art. 2051 c.c., prescindendo dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode, ha natura oggettiva e necessita, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, che deve, però, avere un’efficacia causale tale da interrompere però del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ultroneo contributo utile nella produzione del danno.

    Le pronunce di merito sopra riportate, in realtà, altro non fanno che uniformarsi a quello che sino ad ora risulta essere il pressoché costante orientamento della Corte di Cassazione in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c.

    I Giudici di Piazza Cavour, infatti, con la sentenza n. 9527 del 22.04.2010, avevano attribuito in capo agli enti proprietari delle strade, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs 30 aprile 1992, una serie di obblighi tra i quali rientravano “a) la manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) il controllo tecnico dell’efficienza delle strade e delle relative pertinenze (..)”. Specificando, inoltre, che “trattasi di obblighi derivanti dal mero fatto di essere proprietari, i quali possono concorrere con ulteriori obblighi (..) del medesimo ente o di altri, derivanti da altre normative e, in particolare, dalla disciplina dettata dall’art. 2051 c.c.” (in tal senso, v. anche Cass. n. 11517 del 14 maggio 2013 e Cass. n. 22671 del 21.11.2011).

    Pertanto, la responsabilità del danno dovrà essere addebitata all’ente ogni qualvolta, pur essendo proprietario della strada, non ha assolto agli obblighi di controllo tecnico di efficienza della strada, ossia quelli di assicurare un corretto deflusso delle acque meteoriche in caso di pioggia abbondante.

    Infine, si deve segnalare, in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. e di onere della prova, anche il recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione ha confermato che “La responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i tersi dal contatto con la cosa stessa; detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione potenzialmente lesiva della cosa, mentre resta a carico del custode la prova contraria del caso fortuito”(Cass. 1 aprile 2010, n. 8005, v. anche Cass n. 4495/2011; in generale sul rapporto tra responsabilità ex art. 2051 c.c. e dimostrazione del fortuito v. anche Cass. n. 15389/2011 e n. 7699/2011).

    Quindi, l’attore, agendo per il risarcimento dei danni ex art. 2051 c.c., dovrà provare il danno, l’esistenza di una relazione causale/eziologia tra la cosa in custodia e l’evento dannoso lamentato ed il potere fisico effettivo sulla cosa in custodia da parte del custode, senza necessità di provare altresì la condotta – commissiva od omissiva – del custode produttrice del danno, salvo a quest’ultimo l’onere della prova del caso fortuito (cfr. tra le tante: Cass. 4.12.95 n. 12500, Cass. n. 2861/95, Cass. n. 1332/94).

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