Avete ricevuto la notifica da parte dell’Agenzia delle Entrate Ufficio del Territorio di Roma un avviso di accertamento con il quale viene riclassato il vostro immobile od appartamento, perché l’Agenzia afferma che il valore del bene è aumentato? Siete vittima dell’operazione di revisione dei valori di rendita catastali, messo in atto da ultimo dal Comune di Roma, per ottenere un corposo aumento di tutte le imposte collegate alla proprietà ed al possesso del bene, e che comporterà un aumento degli esborsi per le varie tassazioni che, mediamente, vi costringerà a pagare circa 3.000,00 – 4.000,00 euro in più all’anno!
Nell’avviso si afferma certamente che l’ufficio ha eseguito un’indagine tecnica di tutta la città di Roma, e che la Vostra zona si sarebbe rivalutata per le migliorie, ed adeguamenti urbanistici, mentre probabilmente il quartiere è immutato da decenni ed i servizi del Comune di Roma, come in tutti quanti gli altri quartieri, è latitante, non avendo mai effettuato lavori di riqualificazione, ed in molti casi neppure arriva la metro, come invece ormai è avvenuto in altri quartieri.
In effetti l’Agenzia delle Entrate sta notificando indiscriminatamente a tutti gli abitanti della città di alcune cd. microzone di Roma, l’avviso di accertamento per variazione della classe catastale sempre sullo stesso generico ed inammissibile presupposto di aver effettuato una non meglio precisata indagine, in funzione della quale sono stati calcolati i nuovi parametri di valore per metro quadro, che non sono realistici anche per il crollo del mercato immobiliare subito negli ultimi due anni, e quindi la cartella è illegittima.
COME È POSSIBILE QUESTA REVISIONE DI MASSA E COME SI PUÒ IMPUGNARE LA CARTELLA? Noi vi spieghiamo dove sta il trucco e da dove nasce questa vera e propria ulteriore vessazione ai danni dei cittadini, e come la cartella può essere economicamente impugnata tramite i nostri legali esperti del settore, arrivando ad annullare totalmente la cartella ed impedire gli aumenti di tutte le imposte, perché la Cassazione ha già riconosciuto l’illegittimità sotto vari profili.
L’INGANNO AI DANNI DEI CITTADINI: la operazione di maxi-riclassamento dei valori catastali ha origine nel 2006 con la legge Finanziaria ed il cd. “Decreto Bersani”, che, offrendo un apparente vantaggio in favore di chi acquista una casa, innovando il sistema di dichiarazione del prezzo di vendita degli immobili al Notaio stabilisce che nelle compravendite tra privati che abbiano per oggetto immobili abitativi e/o loro pertinenze sia possibile (su richiesta della parte acquirente) indicare nell’atto due diversi importi: il prezzo commerciale dell’immobile e il suo valore fiscale (determinato in base alla rendita catastale rivalutata). Con la legge finanziaria del 2007 si può procedere alla doppia indicazione del prezzo e del valore fiscale anche nella vendita tra impresa e privato, qualora l’atto abbia per oggetto immobili abitativi e loro pertinenze. Inoltre, sempre a vantaggio dell’acquirente, nelle vendite d’immobili abitativi e/o loro pertinenze alle quali si applica la regola della doppia indicazione del prezzo e del valore fiscale, il decreto Bersani ha previsto la riduzione obbligatoria dell’onorario notarile del 30% .
In tutti questi casi, quindi, è venuta meno ogni convenienza dell’acquirente a occultare parte del corrispettivo di compravendita: quale che sia il prezzo commerciale dichiarato, infatti, egli verserà la imposta di registro, ipotecaria e catastale determinate su una base imponibile pari al valore catastale dell’immobile.
MA IL GOVERNO NON FA MAI REGALI: infatti, una volta acquisito il valore medio consolidato dei valori reali e di mercato sulle abitazioni compravendute nelle varie zone, i vari Comuni, attraverso gli Uffici del Territorio dell’Agenzia delle Entrate, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, hanno dato il via al confronto tra prezzi reali dichiarati nelle vendite immobiliari dal 2006 ad oggi nelle varie microzone, ed i valori catastali degli immobili, ed hanno iniziato a notificare ai contribuenti proprietari di immobili degli avvisi di accertamento catastale diretti ad ottenere, una revisione parziale o totale del classamento delle unità immobiliari urbane presenti nelle microzone comunali nelle quali il rapporto tra il valore medio di mercato, e il corrispondente valore medio catastale si discosta “significativamente”, almeno del 35% rispetto all’analogo rapporto riferito all’insieme delle microzone comunali.
I NUMERI DELLA RICLASSAZIONE: un’operazione che, nel caso della Capitale, comporta aumenti anche del 200% sul valore catastale puro, che, una volta a regime, comporterà proporzionali aumenti dell’IRPEF, e spaventosi aumenti di tutte le imposte direttamente collegate ai beni, dall’Imu alla Tasi, dal 50 al 200%. Cambiando la classificazione, cambia anche la base imponibile e, di conseguenza, aumentano tutte le tassazioni, anche ipotecarie e sui registri, calcolando aumenti medi tra le varie imposte di 3.000,00-4.000,00 euro all’anno, grazie alla quale il Campidoglio conta di incassare un extragettito, solo sull’Imu pari a 116,2 milioni di euro. Per esempio, si passa da 839,24 a 1.342,79 euro per un immobile situato in via Ufente, nel quartiere Trieste. E da una rendita di 3.563,55 euro a 7.604,83 per una palazzina in via Uffici del Vicario, vicino Montecitorio, ma che versa in condizioni disastrose. In entrambi i casi, le motivazioni alla base della revisione sono le stesse. Per le 17 zone di Roma interessate (Centro Storico, Aventino, Trastevere, Borgo, Prati, Flaminio 1, XX Settembre, Monti, San Saba, Testaccio, Gianicolo, Delle Vittorie-Trionfale, Flaminio 2, Parioli, Salario Trieste, Esquilino e Ville dell’Appia), il fenomeno assume dimensioni numeriche molto significative e, riguardando avvisi per 224.000 abitazioni, si è visto passare edifici interi da categorie come quella ultrapopolare (A/5) e di tipo popolare (A/4) ed economico (A/3), ancora presenti in diverse zone del Centro, ad abitazioni di lusso, senza che vi sia stato un effettiva analisi del concreto stato di conservazione degli immobili, delle ristrutturazioni interne, della situazione urbanistica di contorno etc.
LO STOP DELLA CASSAZIONE: proprio sulla necessità di tale analisi, interviene quindi la recentissima Sentenza 2357 emessa il 3 febbraio 2014 dalla Quinta sezione della Cassazione: secondo il ricorrente, un contribuente napoletano al quale era stato notificato l’avviso di riclassamento, «l’attribuzione della nuova rendita è astratta e fondata su mera ipotesi dell’Ufficio: troppo generici i parametri enunciati, comprese le infrastrutture, enfatizzate troppo ed anche impropriamente» ed ha omesso di considerare che manca «ogni indicazione concreta sulla qualità e sullo stato degli immobili oggetto della variazione e dei luoghi circostanti l’immobile accertato».
L’Agenzia del Territorio ha ovviamente difeso il proprio operato, basato sul criterio dell’ «estimo comparativo», ovverosia, come visto, la comparazione di un’abitazione con altre presenti nella microzona ed aventi caratteristiche presumibilmente analoghe.
Al contrario la Corte di Cassazione ha annullato l’avviso di classamento impugnato, ed il relativo provvedimento impositivo ai danni del cittadino napoletano, sostenendo che «quando procede all’attribuzione d’ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del Territorio deve specificare se tale mutato classamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dalla unità immobiliare in questione; oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona, in cui si colloca l’unità immobiliare».
LE TRASFORMAZIONI VANNO DIMOSTRATE: insomma, nel primo caso, l’Agenzia del Territorio deve verificare ed indicare le concrete trasformazioni edilizie intervenute sul bene. Nel secondo caso, deve indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, «a seguito – sottolinea la Cassazione – di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano; rendendo così possibile la conoscenza dei presupposti del riclassamento da parte del contribuente»
COSA FARE: proporre ricorso alla Commissione Tributaria tramite un avvocato esperto del settore. La nostra struttura, attraverso la predisposizione in serie dei ricorsi, pur differenziando per la parte relativa al caso singolo, ha affrontando una ampia casistica per le varie e differenziate microzone, ed ha potuto quindi drasticamente abbattere i costi del fondo spese che il singolo cittadino dovrà affrontare e che, rivolgendosi al proprio legale di fiducia, dovrebbe sostenere per tutta la attività di studio ed impostazione giuridica del ricorso, che noi invece abbiamo già svolto nei precedenti ricorsi, conoscendo nel dettaglio come anticipare le difese ed eludere efficacemente le eccezioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Ecco il dettaglio dei costi, a confronto con le altre offerte.
Partendo dalla analisi del certificato storico catastale del vs. immobile e dal concreto stato del bene, dell’edificio e del quartiere, anche attraverso il sopralluogo gratuito di un ns. incaricato, messo a confronto con l’accertamento da parte dell’ufficio territoriale del fisco, effettuiamo una immediata valutazione preliminare di “fattibilità” del ricorso, senza spese a carico del cliente.
Il momento decisivo ai fini della possibilità di difendersi è la NOTIFICA AL CONTRIBUENTE, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’avviso di rideterminazione sulla rendita catastale relativa all’immobile di sua proprietà.
Entro 60 giorni dalla data di ricezione della notifica, è infatti possibile impugnare singolarmente il nuovo classamento davanti alle Commissioni Tributarie territorialmente competenti, contestando la regolarità del procedimento, la corretta attribuzione dell’immobile alla specifica microzona o la rispondenza del nuovo classamento alle effettive condizioni dell’unità immobiliare, proprio perché in tutti gli accertamenti catastali, emessi “a stampone” dall’Agenzia delle Entrate, non risulta affatto che quest’ultima abbia dimostrato le trasformazioni specifiche dell’immobile accertato, o il migliorato contesto urbano della microzona.
L’altra disposizione interessata dal riclassamento catastale è quella dell’articolo 1, comma 336, della legge 311/04. Essa riguarda i casi di immobili non denunciati in catasto o che hanno subito variazioni mai denunciate in catasto. La procedura è attivata dalla notifica del Comune di una richiesta di aggiornamento dei dati catastali, attraverso la procedura docfa. Nella richiesta sono indicati sia gli elementi che dimostrano l’esistenza di una omissione catastale, sia la data a cui riferire tale violazione. Il contribuente ha 90 giorni di tempo per provvedervi. In caso d’inerzia, provvede il Territorio con un classamento d’ufficio. In questo secondo caso viene notificata la nuova rendita, anch’essa impugnabile entro 60 giorni.
L’ERRORE DELLE ALTRE PROPOSTE DI AZIONI: alcune associazioni come Codacons, hanno lanciato la proposta di un ricorso cumulativo al TAR od addirittura del Ricorso straordinario al Capo dello Stato, che, tuttavia, anche al di là delle difficoltà applicative e della scarsa possibilità di un provvedimento collettivo a favore dei contribuenti (proprio perché il vizio maggiore della operazione di riclassamento sta nella indifferenziata mancanza di specifica analisi del singolo caso, che in un ricorso collettivo non emerge), lascia inalterata e “scoperta” la posizione del singolo caso nei confronti dell’Agenzia delle entrate. Propongono anche il ricorso alla Commissione Tributaria, ma con costi iniziali di perizia che noi eseguiamo gratuitamente, e costi finali anche tripli rispetto al nostro. Si evidenzia, per altra via, che la proposta di altre associazioni di consumatori e l’invito della stessa Agenzia delle Entrate, riguardo la presentazione di una semplice istanza di autotutela non sospende i termini per il ricorso, e che difficilmente il fisco risponderà prima della scadenza di quest’ultimo, che quindi, in ipotesi alquanto verosimile di conferma sul valore di riclassamento catastale, non sarebbe più possibile proporre, rendendo definitivi gli aumenti degli estimi e tutte le tassazioni ad esso collegati .
Occorre invece tutelarsi singolarmente con un ricorso alla Commissione Tributaria e far emergere la concreta situazione del proprio bene, andando ad incidere sullo specifica notifica di accertamento e mettendo in discussione l’applicabilità di parametri generalizzati al proprio caso.
CONTATTATECI SUBITO PER UNA PRIMA VALUTAZIONE GRATUITA DI FATTIBILITÀ DEL RICORSO
Buongiorno,
sono proprietaria di un appartamento ubitcato nel centro storico che è stato rivalutato catastalmente un paio di anni fa.
In realtà non ho mai ricevuto alcuna notifica da parte di alcuna autorità che mi segnalasse questo aumento, tuttavia facendo una visura dell’immobile ho visto che la rendita catastale è stata aumentata senza informarmi.
Posso fare ricorso? Ho letto sul vostro sito che sarebbe possibile agire contro la rivalutazione?
Grazie mille
Anthea Spuri Zampetti
Buongiorno,
sono proprietaria di un locale commerciale di un comune della provincia di Salerno che è stato rivalutato catastalmente un paio di anni fa.
In realtà non ho mai ricevuto alcuna notifica da parte di alcuna autorità che mi segnalasse questo aumento, tuttavia facendo una visura dell’immobile ho visto che la rendita catastale è stata aumentata senza informarmi.
Posso fare ricorso? Ho letto sul vostro sito che sarebbe possibile agire contro la rivalutazione?
Grazie mille
Marco