“I comportamenti volgari, irriguardosi ed umilianti, caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni verbali ed ingiuriose, abitualmente poste in essere nei confronti del coniuge, possono configurare il reato di maltrattamenti quando, valutati unitariamente, evidenziano l’esistenza di una volontà finalizzata a realizzare un regime di vita avvilente e mortificante per il coniuge stesso”.
E’ quanto ha stabilito la Cassazione con sentenza n. 41011 dell’ 11 novembre 2011.
Il ricorso era stato proposto da un marito che per anni aveva costretto la moglie a vivere in un clima di terrore, portandola dapprima a cercare riparo presso i propri figli, e inducendola poi, a dormire addirittura nell’autovettura, pur di non trovarsi a stretto contatto con lui.
Ma il tema dei maltrattamenti in famiglia, è purtroppo, sempre tra i più attuali e dibattuti, anche tra la giurisprudenza.
Quando si integra il reato di maltrattamenti
L’art. 572 c.p. stabilisce:
Nel codice penale, tale reato viene inquadrato tra “i delitti contro la famiglia”, ma l’interpretazione più moderna tende a collocare questi comportamenti tra i reati contro la persona, o meglio ancora, contro “i soggetti deboli”, dal momento che il legislatore con questa norma mira a tutelare l’integrità psico-fisica delle persone “più facilmente aggredibili”, elencate nel testo dell’art. 572 c.p. D’altronde, la “famiglia”salvaguardata da tale articolo, deve essere intesa in senso ampio, ricomprendendo ogni consorzio di persone legate da relazioni e consuetudini di vita tali, da far sorgere specifici rapporti di convivenza, assistenza e solidarietà; risulta, pertanto, pacificamente inclusa anche la c.d. famiglia di fatto.
Il delitto di maltrattamenti viene qualificato come reato abituale, altrimenti definito dalla migliore dottrina penalistica come reato a condotta plurima. Ciò significa che per la configurazione del fatto-reato è necessaria una pluralità di cattivi trattamenti, anche se di per sé irrilevanti sotto il profilo penale, come ad esempio il caso di continuo ed ostentato disinteresse verso il coniuge ed il minore, o ancora nel caso di condotte di dispregio, di scherno, non rilevanti penalmente (e in ciò, ha forti analogie con il reato di stalking ex art. 612 bis c.p.).
Tale reato si caratterizza, pertanto, per la sussistenza di una serie di fatti, per lo più commissivi, ma anche omissivi, i quali isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili (atti di infedeltà, di umiliazione generica, ecc…), ovvero non perseguibili (ingiurie, percosse o minacce lievi, procedibili solo a querela di parte), ma acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo;
I maltrattamenti sono in concreto realizzabili con ogni tipo di comportamento, trattandosi di un reato c.d. a forma libera. Occorre, però, precisare: fatti episodici e derivanti da situazioni contingenti, pur lesivi dei diritti fondamentali, mantengono la loro autonomia di diritti contro l’onore (o contro la persona o contro la libertà), mentre divengono componenti dei “maltrattamenti” se sono parte di una più ampia ed unitaria condotta che impone alla vittima uno stile di vita mortificante e insostenibile.
I litigi occasionali e gli episodi sporadici di violenza, non saranno mai maltrattamenti. In altre parole, il reato si realizza solo quando si accerti l’esistenza di una condotta abituale che si concretizzi in più fatti lesivi della integrità fisica o morale, o della libertà o del decoro delle persone della famiglia, nei confronti delle quali viene posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica, in modo tale da rendere abitualmente dolorose e mortificanti le relazioni tra l’autore delle aggressioni e la vittima.
Per l’integrazione dell’elemento psicologico del reato, la giurisprudenza prevalente ritiene sufficiente il dolo generico riguardo alla singole condotte, congiunto alla consapevolezza che l’ulteriore condotta si aggiunge alle precedenti, concretando un sistema di comportamenti offensivi; quindi, una volontà colpevole coniugata alla consapevolezza della reiterazione dei propri contegni e del disvalore che essa rappresenta (Cass., sez VI, n. 4933 del 06/02/2004; Cass., sez VI n. 2800 del 16/03/1995). Si pensi, in proposito, al caso di un coniuge che maltratti la moglie, in un occasione per gelosia, nell’altra per essere in stato di ebbrezza, ed ancora, in altra circostanza, per semplice condizione umorale, senza, tuttavia, che tra le diverse condotte vi sia stato un disegno preordinato.
Peraltro, nella esperienza concreta, si può osservare come sia difficile immaginare l’ideazione di un programma di maltrattamenti ancor prima del compimento della prima frazione di condotta, idonea ad integrare il reato, e come spesso la prima vessazione si compia in modo del tutto occasionale.
Per quanto riguarda l’elemento oggettivo del reato di maltrattamenti, la giurisprudenza nel corso degli anni, ha chiarito che nell’alveo degli atti di vessazione possano essere ricondotti, oltre le percosse, le ingiurie e le privazioni, anche le manifestazioni e gli atti consapevoli di offesa, disprezzo, umiliazione, scherno, vilipendio o asservimento: la vittima stesa dovrà subirli non come uno specifico stato di violenza, ma nell’ambito delle complessive e durevoli sofferenze morali a lei inflitte.
Attesa la natura di reato a condotta plurima, è opportuno sottolineare che non è necessaria una prossimità temporale tra le varie condotte vessatorie e, che non assume rilievo, ai fini della consumazione, la circostanza che gli atti offensivi si alternino a momenti di effettiva normalità comportamentale dell’agente o di accordo con i familiari (Cass., sez VI, 08.10.2002). Invero, un intervallo di tempo tra una serie e l’altra di episodi lesivi, non fa venir meno l’esistenza del reato, ma può dar luogo come per ogni reato permanente alla continuazione ex art. 81 c.p.
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TESTO SENTENZA
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“The behavior vulgar, disrespectful and humiliating, characterized by an indefinite series of verbal attacks and insults, usually carried out in respect of a spouse, can configure the offense of abuse when assessed as a unit, revealed the existence of a will aim to achieve a phase of life humiliating and mortifying to the same spouse. “
And ‘as laid down by the Supreme Court judgment no. 41011 of ‘November 11, 2011.
The action was brought by a husband who for years had forced his wife to live in a climate of terror, first bringing it to seek shelter with their children, and then causing it, even to sleep in the car, although they are not closely contact with him.
But the issue of abuse in the family, unfortunately, still among the most topical and debated, even among the law.
Let us summary when it can be said to be made that crime
Article. 572 č.p. establishes:
In the Criminal Code, that crime is classified between “crimes against the family”, but the more modern interpretation tends to place these behaviors among the offenses against the person, or better yet, against the “weak”, since the legislature with this rule is to protect the physical and psychological integrity of persons “more easily attacked,” listed in the text of art. 572 č.p. Moreover, the “family” safeguarded by this article shall be construed broadly, by broadening each consortium of individuals linked by these relationships and habits of life, giving rise to specific relations of coexistence, support and solidarity, is, therefore, peacefully also included the so-called de facto family.
The offense of abuse is classified as a habitual offender, or criminal law doctrine as defined by the best offense to conduct multiple. This means that for the configuration of the criminal act is necessary a plurality of bad treatments, even if in itself irrelevant in terms of criminal law, such as for example the case of continuous and ostentatious indifference to the spouse and the minor, or even in the case pipeline of contempt, ridicule, not criminally relevant (and this has strong similarities with the crime of stalking ex art. 612 bis cp).
This offense is characterized, therefore, for the existence of a set of facts, most of commission but of omission, which could also be considered in isolation is not punishable (acts of infidelity, general humiliation, etc …), which is not punishable (insults, threats, beatings, or minor, procedibili only on complaint), but become relevant criminal because of their repetition over time;
The abuse are achievable in practice with each type of behavior, it is an offense called free-form. It should, however, state: episodic facts and circumstances arising, even damaging to the fundamental rights and maintain their autonomy rights against honor (or against the person or against freedom), and become members of “abuse” if they are part of a larger unitary conduct that requires the victim to a humiliating and unsustainable lifestyles.
The quarrels and occasional sporadic episodes of violence, will never be abuse. In other words, the crime is realized only when it finds a habitual behavior that translates into more action detrimental to the physical or moral integrity, or freedom or decency of the people in the family, against which is placed in be a systematic oppression of conduct, so as to normally painful and mortifying relations between the perpetrator and the victim of aggression.
To integrate the psychological element of the offense, the majority of cases deemed sufficient for the general intent with respect to individual conduct, combined with the knowledge that further adds to the previous conduct, making a reality of a system of offensive behavior, so will a guilty conjugated awareness of their demeanors and recurrence of non-value that it represents (Supreme Court, section VI, no. 4933 of 06/02/2004; Cass., Section VI n. 2800 of 16/03/1995). Consider, in this respect, the case of a spouse who mistreated his wife, into an occasion for jealousy, the other to be drunk, and yet, in other circumstances, for the simple condition humoral, without, however, that among the different pipes there was a prearranged plan.
However, in concretely experience, we can see how difficult it is to imagine the creation of a program of harassment before the completion of the first fraction of conduct, appropriate to incorporate the crime, and as is often the first harassment is fulfilled in a very occasional .
As regards the objective element of the offense of abuse, the case law over the years, has made it clear that nell’alveo acts of harassment can be traced beyond the beatings, insults and hardships, even the manifestations and acts of conscious of offense, contempt, humiliation, ridicule, outrage and servitude: the victim lying will not put up with them as a specific state of violence, but in the overall and lasting moral suffering inflicted on her.
Given the nature of crime to conduct multiple, it should be noted that it is not necessary temporal proximity between the various pipelines and vexatious, that is irrelevant for the purposes of consumption, the fact that the acts offensive to alternate with periods of normal effective behavioral agreement with the agent or family (Court of Cassation, Section VI, 10/08/2002). Indeed, a time interval between a series of episodes and the other offensive, does not negate the existence of the offense, but can lead to permanent for each offense as continuing art. 81 č.p.
Maltrattamenti in famiglia – Dolo – Intento di infliggere sofferenze fisiche e morali al soggetto passivo – Natura unitaria – Specifico programma criminoso – Non necessarietà. (Cp, art. 572)
Il dolo del delitto di maltrattamenti in famiglia, il quale deve caratterizzarsi per l’intento di infliggere sofferenze fisiche e morali al soggetto passivo, è di natura unitaria, in modo da non confondersi con la coscienza e la volontà di ciascun frammento della condotta, ma non è necessario che scaturisca da uno specifico programma criminoso rigorosamente finalizzato alla realizzazione del risultato effettivamente raggiunto. Ciò che la legge impone è solo che sussista la coscienza e la volontà di commettere una serie di fatti lesivi della integrità fisica e della libertà o del decoro della persona offesa in modo abituale.
Corte d’Appello di Trento, Sentenza 27 gennaio 2012, n. 380
Maltrattamenti in famiglia – Fattispecie incriminatrice – Integrazione – Madre di prole minore di età – Compagno convivente – Atteggiamento esplicitamente invasivo della sfera sessuale della figlia minore – Condotta inerte della genitrice – Configurabilità dell’ipotesi di reato contestata. (Cp, artt. 40, 572)
Integra la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 572 c.p. la condotta inerte, indifferente e silenziosa posta in essere dalla madre convivente della minore a fronte di comportamenti del suo compagno invasivi della sfera sessuale della figlia e perduranti nel tempo, non suscettibili affatto di essere fraintesi come affettuosità distorte o semplici confidenzialità, in quanto, al contrario, manifestazioni frequenti e prolungate di ben espliciti sfoghi di libidine, platealmente espressi ed attuati senza sottintesi, né mai plauditi da forme di ritegno o da accortezze di non essere visto o osservato. In circostanze siffatte, rilevato che il delitto previsto e punito dalla norma di cui all’art. 572 c.p. è reato a forma aperta ed a dolo generico, per il quale acquista rilevanza tutto ciò che cagioni, con carattere di continuità e permanenza nel tempo, sofferenze e degradazione della persona offesa, non può negarsi che la genitrice, titolare dei doveri genitoriali e della connessa autorità, consentendo i descritti comportamenti, generatori di ben visibili e manifestati turbamenti della figlia, abbia in tal modo concorso a determinare, con commissione mediante omissione, secondo lo schema dell’art. 40 c.p., uno stato di continua sofferenza e degradazione della figlia medesima, tale da integrare certamente l’ipotesi di maltrattamenti contestata. Nella specie, verificatesi le descritte circostanze, emerge con tutta evidenza la violazione del decoro e della dignità della giovane, lasciata dalla madre esposta alle invasività a sfondo sessuale del convivente, con una indifferenza sconfinata nella volontà di consentire quei comportamenti e, quindi, forzatamente, di accertarne gli effetti afflittivi sulla figlia, aggiuntivamente colpevolizzata dalle sue stesse parole minimizzarci, quando, addirittura contro di lei, prendeva le difese del suo uomo.
Corte d’Appello di Trento, Sentenza 9 gennaio 2012, n. 353
Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Fatto tipico – Mezzi di sussistenza al minore – Omessa corresponsione – Mancato adempimento dell’obbligo civilistico al mantenimento – Concetto di portata più ampia – Condotte diverse – Irrilevanza della distinzione sul piano pratico – Figlio minore privo di beni o redditi propri – Condotta omissiva costituente al contempo inadempimento dell’obbligazione di natura civilistica e violazione della norma penale di cui all’art. 570 c.p. (Cp, art. 570)
Il fatto tipico del reato di cui all’art. 570, comma secondo, c.p. consiste nell’avere, il genitore, fatto mancare i mezzi di sussistenza al minore, espressione, questa, che comprende solo ciò che è strettamente necessario alla cita, a prescindere dalle condizioni economico-sociali pregresse degli aventi diritto, ed è condotta ben diversa dall’omesso adempimento dell’obbligo civilistico di mantenimento. Tale obbligo di contribuzione in favore dei figli minori e del coniuge economicamente non autosufficiente, invero, attiene ad un concetto di portata più ampia e comprende tutto quanto sia richiesto per assicurare un tenore di vita adeguato alla posizione economico-sociale della famiglia, a prescindere dallo stato di bisogno. Si rivela, dunque, giuridicamente errato istituire un rapporto di equivalenza o interdipendenza tra il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, concordato o fissato dal Giudice civile, e la mancata prestazione dei mezzi di sussistenza, poiché ne conseguirebbe l’ingiusto risultato, da un lato, che andrebbe assolto colui che puntualmente paga un assegno di mantenimento insufficiente a garantire le esigenze fondamentali di vita e, dall’altro, che sarebbe condannato colui che, pagando solo in parte l’assegno di mantenimento, soddisfi, comunque, le menzionate esigenze fondamentali dell’avente diritto. Ciò rilevato, tuttavia, la distinzione di cui innanzi tra il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal Giudice in sede civile e la mancata prestazione dei mezzi di sussistenza per la prole minore diviene del tutto irrilevante, sul piano pratico, ogni qualvolta (come nella specie) il figlio minore non dispone di beni o di redditi propri ma dipende totalmente dai genitori ed uno di questi non provvede alle spese necessarie per la sua sussistenza, ovvero vi provvede in misura largamente insufficiente rispetto alle risorse proprie ed ai bisogni del minore, in quanto la condotta omissiva costituisce al tempo stesso inadempimento dell’obbligazione di natura civilistica e violazione della norma penale di cui all’art. 570 c.p.
Tribunale di Trento, Sentenza 19 gennaio 2012, n. 37
Reati contro la famiglia – Maltrattamenti in famiglia – Aggressioni fisiche e morali della moglie – Ingiurie e denigrazioni – Stato di profonda prostrazione fisica e psichica – Circostanze del reato – Accertamento della responsabilità penale del prevenuto. (Cp, art. 572)
E’ imputabile del reato di maltrattamenti in famiglia il prevenuto che sottoponga a maltrattamenti la moglie convivente, aggredendola con violenze fisiche, percuotendola in diverse occasioni con calci e pugni, provocandole violenze psicologiche con frasi ingiuriose e denigranti la sua persona, causandone uno stato di profonda prostrazione sia fisica che psicologica. La condotta del prevenuto, connotata da una serie indistinta di vessazioni, quali offese verbali, denigrazioni morali, percosse, umiliazioni, portano all’accertamento della sua responsabilità penale per il fatto ascritto laddove, i fatti trovino preciso riscontro nella querela della p.o. nonché nei documenti allegati e nelle dichiarazioni di soggetti estranei alla vicenda, testimonianti, appunto, il clima di generale ed indistinta sopraffazione della p.o.
Tribunale di Padova, Sentenza 2 febbraio 2012, n. 32